Riempire il vuoto con una micro casa: dal punto di partenza al punto di arrivo della domanda che l’architetto Jakub Szczęsny si è posto, analizzando il tessuto urbano della città di Varsavia.
Una città che ha una storia dolorosa e agitata, caratterizzata da un periodo bellico e post-bellico che ha diviso e frammentato il tessuto della città con uno sviluppo urbano poco coerente.
Nonostante il caos architettonico, Varsavia è una città che unisce posti misteriosi e soluzioni inaspettate, nate dalle costruzioni storiche che condividono lo spazio con gli edifici contemporanei senza però essere in grado di integrarcisi.
Il risultato che ne consegue è un’urbanizzazione con molti vuoti tra i vari edifici, senza scopo ne funzione: delle fratture non produttive testimoni della storia difficile del popolo e della città.
Da questo punto nasce la casa più stretta del mondo: 92 cm di larghezza nel punto più piccolo e 152 cm di larghezza nel punto più largo, adattabile alla spazio di risulta tra due palazzi.
Una volta che Jakub Szczęsny ha disegnato e dato vita alla micro casa, ha invitato uno scrittore Israeliano (di origini Polacche) a viverci, Etgar Keret (da qui il nome della casa, Keret House).
Nonostante la piccola taglia della casa, diventa a tutti gli effetti una dimora che assume anche il ruolo di studio, ospitando uno scrittore.
Invitando amici e svolgendo il proprio lavoro, Keret fa rivivere uno spazio inutilizzato e ridà vita ad una porzione della città resa frammentaria dai corsi e ricorsi della storia.
Un inserto vivibile nei toni luminosi del bianco, in cui nulla manca, seppur nella forma minima.
http://kerethouse.com/Keret-House
Wow! Un po’ claustrofobica sicuramente, ma certamente un’idea innovativa per ottimizzare anche questi “spazi”.
Eh si, è allo stesso tempo una provocazione, un’ispirazione e un’installazione che ci fa riflettere su quello di cui abbiamo realmente bisogno per vivere e quello che invece crediamo ci serva.
Per me è geniale 🙂